AL SECONDO APPUNTAMENTO.


Mi hai detto che sono affascinante,

un uomo vero, e di cultura,

e che fra tanti sembro quel gigante

sicuro di me stesso, senza paura.

 

Mi spiace dirti qui che non è vero,

ché ti ho condotta in grosso errore,

non sono stato limpido, sincero:

ho recitato la parte di un attore.

 

Se fossi stato più convenzionale

o appena l’ombra di me stesso,

avresti detto: “E’ tale e quale

a l’altro che corteggia, quello fesso.”

 

E non mi avresti detto: ”Oh… più giù!”

Con gli occhi come fossi in coma,

mentre scendevo nell’ecrù

della tua pelle e perizoma.

 

Ho finto, sì, e che dovevo fare?

Mostrare a te la parte più sincera,

la forma e l’espressione più reale

a te che vivi la tenebra più nera?

 

Capito, mia cara, non avresti,

compreso, bella, men che mai,

che fare coppia con gli onesti

tu dici è da sfigati od operai.

 

Perché te, come il resto dei viventi,

fai accordi con qualcuno che riscuota

il consenso di altri simili, altrimenti

non reggeresti l’eco della tua testa vuota.

 

 

 

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